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isaefrenk.
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E' POSSIBILE COMPRENDERE LA MENTE?
"Per qualunque uomo o donna che abbia il dono, o la sventura, di possedere
una mente avida di sapere, è della più grande importanza ottenere tutte le
informazioni che desidera, affinché, quando le esigenze dell'intelletto
sono soddisfatte, il cuore possa parlare" (Max Heindel).
Analizzare il comportamento della mente umana è certamente uno dei compiti
più complessi che l'uomo possa affrontare. Diversamente dall'indagine
scientifica, fatta su un oggetto esterno, che può essere sempre condotta
con un certo rigore, l'analisi della mente, portata avanti con l'ausilio
della stessa mente, crea una serie di problematiche. L'osservatore e
l'osservato non occupano più due posizioni spazialmente separate ma
coesistono sia nel tempo che nello spazio, ciò, ovviamente, non permette
quella obiettività di osservazione che sarebbe altamente auspicabile.
Per questi motivi, da millenni vi sono stati uomini che hanno pensato,
parlato e scritto sul modo in cui essi interpretavano i processi mentali.
Di certo il più antico trattato sull'argomento è la Bhagavad Gita, fu
compilato in India e tratta di fatti risalenti al periodo anteriore di
mille anni alla nascita di Gesù Cristo. In questo trattato si racconta di
una battaglia, dei protagonisti e delle varie problematiche che essi
incontrano. Questa battaglia è simbolica perché non viene condotta verso
nemici esterni bensì verso quelli "interni" (vizi, passioni, desideri,
ecc.), che ostacolano ed a volte impediscono una normale evoluzione della
natura umana.
La Baghavad Gita inizia così: "La mente cieca disse, o chiese a sé stessa
in introspezione: I miei figli, le cattive, seducenti tendenze mentali e
dei sensi, opposte alle pure tendenze mentali discriminative, radunatesi
nella sacra pianura del campo di battaglia della Vita, desiderosi di darsi
battaglia psicologica o morale, che cosa fecero?".
Appare chiaro come la materia trattata sia non soltanto di ordine
psicologico, ma anche morale e spirituale e come, per gli Indù, i processi
mentali rivestano da millenni un indubbio interesse. Si pensi che la mente
comune, ovvero non educata, viene da loro definita come "la scimmia pazza
che ci governa".
La mente, a tutti gli effetti, è soltanto uno strumento che l'uomo dovrebbe
poter usare a sua discrezione, con l'adozione dei pensieri voluti e la
rimozione di quelli non desiderati. Spesso, invece, i pensieri trovano la
loro origine nei meccanismi mentali relativi al recupero dei ricordi, alla
associazione delle idee ed ai riflessi condizionati. Questi meccanismi sono
talvolta così potenti da costringere l'uomo a deviare dai pensieri che
stava intrattenendo a favore di quelli portati in superficie dai processi
accennati. A causa di questi fenomeni l'uomo stesso diviene
strumentalizzato dalla sua mente e, consapevolmente o meno, si ritrova a
seguire delle linee di pensiero, e d'azione, che non sempre gli sono
congeniali.
Questo non è certo un problema specifico dei nostri tempi, le seguenti
parole di San Paolo ben illustrano la difficoltà di agire nella direzione
in cui si pensa sia giusto muoversi: "Io non riesco a capire neppure ciò
che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto.
Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona;
quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so
infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il
desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio
il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che
non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me" (Romani
7:15).
Il notevole uso di tranquillanti, che viene fatto nelle nazioni più
progredite, dimostra chiaramente come la
padronanza dei processi mentali presenta delle notevolissime carenze.
Questo dimostra che la ricerca, e la rimozione, delle cause che stanno alla
base delle disfunzioni non è facile e che la mente ha ancora tanti segreti
e particolarità che rimangono da scoprire.
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