GLI IDEOGRAMMI

la Realtà, intesa come totalità

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  1. isaefrenk
     
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    GLI IDEOGRAMMI

    Vorrei ricordarvi alcune nostre affermazioni fondamentali, e cioè: la Realtà, intesa come totalità di ciò che esiste, è una, molteplice nell’apparenza, ma unica nella sostanza, tanto da formare un sol tutto inscindibile: il Tutto – Uno – Assoluto.
    Il vuoto, il nulla, il non essere assoluto, non possono esistere. Tutto quanto esiste è qualcosa in senso di “sostanza” intesa nel concetto filosofico di un “quid” non astratto. L’accidente, l’attributo, la condizione, la qualità, lo stato ecc., non esistono in se ma sono sempre legati a qualcosa; in ultima analisi, alla “sostanza”.
    L’unica sostanza è lo spirito, divina sostanza, sostanza di Dio, inscindibile, indivisibile, infinito, immutabile, immobile, omogeneo ecc., ecc., da cui traggono origine tutte le sostanze, tutto ciò che esiste, che pure non esiste in sé in questo è apparenza dell’unica sostanza allorché essa è considerate come enucleata dal Tutto – Uno – Assoluto.
    Il pensiero – pensatore, considerato in sé, è qualcosa in senso di “sostanza” anche se ciò che rappresenta è frutto di una enucleazione e quindi non è oggettivo rispetto all’ultima Realtà. Il pensiero, considerato come idea, come significato, come attività del pensatore – pensiero, è analogo all’attributo, alla condizione, alla qualità, allo stato delle cose; cioè non esiste in sé, ma è strettamente connesso al pensatore – pensiero in quanto tutto uno con quello. Tutto quanto l’uomo considera astratto, cioè esistente solo come pensato, in sé ha la natura dell’idea, ma come tale è indissolubilmente legato al supporto, al substrato di “sostanza”: il pensatore – pensiero.
    Per chiarire con una similitudine: il pensatore – pensiero è come un quadro considerato dal punto di vista materiale, colori e forme; mentre il pensiero, come idea, è il significato del quadro, il suo contenuto che, nel mondo materiale, è indissolubilmente legato al quadro.
    Queste affermazioni, intese separatamente da quanto altro abbiamo detto, sembrerebbero che confermassero il concetto della realtà intesa come divenire, al centro della quale è l’uomo visto come ente che diviene attraverso alle sue attività fisiche, emotive, di pensiero ecc. Ma questa è invece una interpretazione delle cose derivante dall’abitudine a considerare la realtà in un certo modo, dal giudicarla dal di dentro, cioè non freddamente ma sotto l’impressione che si ha vivendola con certe limitazioni. Se si considera invece la realtà dal punto di vista scientifico, cioè al di fuori della coscienza in senso lato, ma semplicemente della materia, ed a noi va bene perché tutto è sostanza o legato ad essa, allora si scopre che tutto è riconducibile ad una particolare disposizione delle sostanze.
    Cercherò di spiegarmi. Per semplicità esemplificativa prendiamo in considerazione un uomo che compie un’azione: l’azione, come attività fisica dell’uomo, in sé è un insieme di movimenti, di atti; tale è l’azione dal punto di vista meccanico. Tuttavia l’azione ha un suo significato rilevantissimo: per esempio, l’uccidere; altre azioni che sono finalizzate ma non nei riguardi altrui: per esempio, cibarsi; altre che hanno un significato che si esaurisce nella sola gestualità, come quelle rituali; ecc. Comunque, lasciando da parte ogni e qualunque fine e significato delle azioni che investono più probabilmente il mondo mentale, l’azione in sé è un insieme di atti, di gesti.
    Se si fuoriesce dal mondo dell’individuo, cioè da colui che agisce, e come osservatori prendiamo in considerazione un’insieme di atti per ravvisare il “quanto”, nel senso della fisica, dell’azione, cioè la minima grandezza possibile, ci troviamo di fronte ad una realtà raggelata, fissa, immobile, proprio come il fotogramma di un film: il fotogramma della unità di mutazione della realtà fisica. Se ancora osserviamo, personalizzandolo, un singolo fotogramma, dimenticando cosa sono quelle immagini tridimensionali che osserviamo e che cosa rappresentano, che significato hanno; cose tutte soggettive e relative alla dimensione di esistenza in cui sono collocate e a chi vive in quella dimensione; se, dicevo, si osserva che cosa è il fotogramma in sé, non possiamo fare a meno di concludere che è un insieme di materia, di sostanza aggregata in un certo modo; null’altro.
    Più evidente vi risulterebbe questa conclusione se il fotogramma, anziché riguardare le vostre azioni e quindi il vostro mondo, riguardasse uno di quei mondi immaginati dalla fantascienza, completamente diverso dal vostro; oppure riguardasse sempre il vostro mondo ma visto al microscopio; concludereste cioè che quel fotogramma, in sé, è un insieme di forme, di materie dislocate in una certa maniera, come in un quadro di un astrattista. A questo è riconducibile la realtà fisica prescindendo da significati, valori, pathos, ecc, che del resto riguardano altri piani di esistenza.
    Se così è, l’uomo che agisce, che compie un’azione – uomo come corpo fisico – salta fuori solo perché in tutti i fotogrammi che si prendono in considerazione c’è quel comun denominatore che è quella forma che chiamiamo “corpo fisico” e che proprio per il fatto di essere comune a vari fotogrammi stabilisce quel collegamento, quella continuità di identità nel suo complesso detta “corpo dell’uomo”, ma che a ben vedere è semplicemente frutto dell’abitudine a considerare in senso unitario fatti diversi, perché si crede conservino la stessa identità attraverso il succedersi degli eventi.
    Quello che abbiamo detto per il mondo fisico può essere ripetuto per il mondo delle emozioni o astrale, e per il mondo del pensiero o mentale, con qualche complicazione per quest’ultimo perché è il mondo in cui si ha l’analisi, la sintesi ecc, in cui si traggono i significati, si comprende anche solo in senso intellettuale e non di coscienza.
    Prima dicevo che il pensiero è qualcosa in senso sostanziale. Consideriamolo come attività del corpo mentale dell’uomo, così come l’azione dal punto di vista semplicemente meccanico è definibile quale attività esterna del corpo fisico. Cerchiamo allora di capire, anche sommariamente, come si svolge quella attività, tenendo presente che la mente, il corpo mentale dell’uomo, è considerata in senso unitario solo perché esiste un collegamento, una sequenzialità di pensiero, in cui hanno parte predominante la memoria e la personalità, ma che in effetti la mente è una molteplicità tale e quale come prima dicevo esserlo il corpo fisico.
    Voi sapete che ad ogni incarnazione l’uomo ha un nuovo corpo fisico, un nuovo corpo astrale ed un nuovo corpo mentale. Consideriamo il corpo mentale nella sua parte intellettiva come un insieme di materia, sostanza mentale non organizzata, una TABULA RASA. Il fanciullo apprende secondo un meccanismo che rudimentalmente è già noto agli psicologi ed ai ciberneti; cioè una certa forma del mondo fisico, una figura, col venire legata ad una sensazione diventa esperienza consumata, è registrata nella mente del soggetto ed immagazzinata.
    Come avviene questa registrazione? Mediante la organizzazione di un “ quanto”, nel senso della fisica, di sostanza mentale:il fotogramma mentale. Ciascun fotogramma mentale corrisponde ad una immagine del mondo conosciuto, da prima empiricamente e poi in modo intuitivo, come spiegherò; cioè corrisponde ad un’idea basilare. Il fotogramma mentale è simile ad un ideogramma in cui la sostanza mentale, organizzata in una certa forma, contiene l’oggetto della conoscenza avuta. Tutte le volte che l’ideogramma mentale si ripropone spontaneamente, o con l’atto del ricordo, al pensatore ritorna il significato della conoscenza-esperienza. Ottenuto un certo numero di conoscenze empiriche e costruiti i relativi ideogrammi mentali la ulteriore conoscenza, particolarmente quella astratta, cioè di semplice e puro ragionamento, avviene per comparazione fra gli ideogrammi-base. Questa operazione non sarebbe possibile se le esperienze, il conosciuto, non fossero immagazzinati trattenuti nel significato; cioè se non fosse possibile riportare alla consapevolezza la conoscenza ottenuta; ed ecco la memoria. Gli ideogrammi mentali che ciascuno si è costituito sono tutti archiviati nel proprio corpo mentale, utilizzabili per una comparazione con ciò che via via l’uomo deve capire.
    La più alta forma di ragionamento, quella creatrice, si riproduce per il principio della trascendenza, similmente alla visione tridimensionale che è risultato della fusione trascendente delle due immagini oculari piatte. Allo stesso modo, la comparazione fra due ideogrammi che l’uomo ha immagazzinato nella sua mente, ed aventi un certo significato, può creare un terzo ideogramma di contenuto più complesso degli altri due. Quindi l’attività di pensiero, non solo il ricordo, è tutta una associazione di idee: CONOSCERE è SEMPRE RICONOSCERE, anche quando è apprendere, capire ciò che non si è mai saputo; ricordatelo!
    La possibilità di ragionare è la possibilità di confrontare i fotogrammi o ideogrammi mentali e disporli in modo conseguente, in modo cioè che rispetta l’ordine delle cose conosciute fino a creare nuovi ideogrammi che non riflettono più la realtà conosciuta ma che esistono sono come puro pensiero.
    Tuttavia, per quanto astratto sia il pensiero contenuto dagli ideogrammi, essi ideogrammi sono della stessa sostanza mentale della quale sono costruiti quelli che riflettono le cose materiali.
    L’attività dei corpi fisico, astrale e mentale è riconducibile a semplici o complessi moti meccanici. La stessa volontà, che è considerata uno dei fenomeni più complessi della vita psichica, potrebbe essere interpretabile come semplice determinismo psichico, cioè come forte desiderio che sarebbe capace di indirizzare e volgere tutta l’attività dell’uomo al raggiungimento dell’oggetto del desiderio, quindi sostanziale assenza di scelta e di autonomia, di decisione cosciente. E questo, talvolta, è vero. Quello che salva l’uomo e tutto quanto esiste dall’essere un automatismo, è la coscienza, il SENTIRE in senso lato, che va dal SENTIRSI D’ESSERE alla coscienza del Tutto.
    La coscienza, nel suo stato più limitato che noi abbiamo definito ATOMO DI SENTIRE, è auto consapevole ed è SENTIRE D’ESSERE. La coscienza stessa è qualcosa in senso di sostanza: è la divina sostanza spirito, più o meno limitata, più o meno auto consapevole. Ma per quanto limitata sia, è sempre SENTIRSI D’ESISTERE.
    La differenza che c’è fra la sostanza-coscienza e la sostanza-mente pur essendo una sola la vera Sostanza è che la sostanza-mente, per esprimere l’idea, il pensiero, deve essere organizzata, aggregata in un certo modo, e quindi l’idea si potrebbe definire “la qualità della sostanza-mente”; mentre la coscienza non subisce organizzazione per esprimere SENTIRSI D’ESISTERE sempre più ampi: è essa stessa SENTIRE più o meno ampio, più o meno onnicomprendente, secondo che sia meno o più limitata.
    In ogni caso, se noi affermassimo che tutto quanto esiste nei mondi fisico, astrale e mentale, inclusi i veicoli omonimi dell’uomo, è un gigantesco meccanismo che produce coscienza, una gamma che va dall’atomo della coscienza alla coscienza individuale, non sbaglieremmo di molto.
    Se poi si tiene presente che solo per comodità di comprensione, abituati come siete a considerare il mondo in divenire, abbiamo considerato l’uomo come un ente che diviene, che acquisisce e che crea nel tempo; ma in effetti tutto è, tutto esiste già al di là del tempo; se si tiene presente questo, allora veramente si comprende che Dio è il Tutto, che Tutto è Uno, che il prodotto del Tutto è la Coscienza Assoluta, e viceversa.
    Tutto quanto esiste è sostanza-qualità: non può esistere quantità senza qualità. Gli stessi numeri, che esprimono quantità, pura, astratta, sono qualità dell’unità. Allo stesso modo non può esistere qualità senza quantità. Dio stesso è quantità e qualità: Egli è la totalità del Tutto che trascende la sommatoria delle qualità e delle quantità. In ciò e la suprema ragione, l’esistenza del Tutto.
    C.F.77 Medium Roberto Setti
     
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