MEDITAZIONE E TECNICHE PSICHICHE

I testi del Convivio

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  1. isaefrenk
     
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    1. Ciascuno vuole realizzarsi
    per "essere di più"
    ma ci sono attuazioni autentiche
    ed altre ben false e ingannevoli


    Ciascuno tende al meglio e vuol essere di più. Vuole, cioè, realizzarsi.
    E, se un momento prima si sentiva inappagato, ora prova un senso di gioia, di soddisfazione intima. Qui percepisce come il segno e la prova del miglioramento conseguito.
    Ma si tratta di un reale miglioramento? di un'attuazione realmente di grado maggiore e più alto? Questo è il problema.
    Ci sono anche false attuazioni. Ci soddisfano lì per lì; ma poi ci appaiono vuote.
    Voglio essere di più. Ma "essere di più" che vuol dire? Può voler dire, a prima vista, molte diverse cose, non tutte parimenti accettabili.
    La cattiva educazione, le cattive amicizie, i cattivi libri, i cattivi film, e via dicendo, mi hanno riempito il cervello di un ammasso di sciocchezze.
    Mi sono messo in testa che essere di più è essere il più forte e prepotente, quello che "si fa rispettare" e "mena a tutti" e "fa la legge".
    Una volte tra i "bulli" di Roma ciascun rione aveva il suo "più": e quindi, chiamati proprio così, c'erano "er più de Trestevere", "er più de li Monti", "er più de Regola" e via dicendo.
    Posso anche mettermi in testa che "essere di più" voglia dire essere il più ricco.
    O il più potente, in termini di potere politico.
    O il più celebre, quello che appare più spesso in televisione o di cui i giornali parlano di più.
    Una variante del genere è l'uomo di successo.
    Altra variante il presenzialista.
    Qualcuno ha definito la celebrità "il moderno surrogato della gloria".
    "La gloria... ond'eran carchi i nostri padri antichi", la chiama il poeta.
    La gloria cui nel secolo scorso aspiravano tanti giovani che si eccitavano a magnanimi sensi con la lettura delle Vite degli Uomini Illustri di Plutarco.
    Ma, si chiede un altro poeta, "fu vera gloria?" E soggiunge: "Ai posteri / l'ardua sentenza, nui / chiniam la fronte..." eccetera, come nell'ode che, ahimè, tutti abbiamo studiata a scuola.
    Gloria autentica e fasulla. Gloria procurata facendo del male. Gloria e vanagloria. Vanagloria e vanità. Vanità delle vanità...
    La gloria esige lode e plauso.
    Il bisogno di essere sempre lodati e di stare al centro di continui applausi.
    Il volere stare a tutti i costi al centro dell'attenzione è già caratteristico dei fanciulli, dei quali i più vivaci, se solo per un attimo i grandi cessano di occuparsi di loro, alzan la voce fino a strillare a pieni polmoni.
    Essere, a tutti i costi, famosi, non importa se famigerati.
    Nel Cinquecento, Lorenzino de' Medici, chiamato Lorenzaccio (e non a torto, per le ragioni che subito vedremo), per farsi celebre non aveva trovato altra via che mettersi d'impegno a sfigurare le statue antiche. Quella sua stessa fama la superò e oscurò, in seguito, uccidendo il cugino Alessandro duca di Firenze.
    Ad Alì Acgà chiesero perché avesse attentato alla vita del papa, e la sua risposta, riferita dalla stampa, fu più o meno questa: "A vent'anni mi sentivo un fallito, non ero proprio nessuno, e così ho voluto passare alla storia compiendo un'azione straordinaria, memorabile".
    Ne ha dette tante e diverse, poi il giornalismo è un filtro sospetto, quindi relata refero.
    Altra via per sentirsi qualcuno è il culto della propria bellezza. Quale martire ha sostenuto per la sua fede i sacrifici e le torture che affrontano certe donne per essere più belle?
    Oggi anche molti uomini praticano quella specialità e quasi il medesimo può dirsi di loro. Una variante è il culturismo.
    Un'altra forma di esibizionismo, un'altra maniera di sentirsi qualcuno è la velocità, soprattutto se associata al fracasso. In Palestina ho visto bambini arabi che correvano su e giù per la strada ciascuno sul proprio somarello, messo al galoppo a suon di bastonate.
    Seducente immagine di velocità associata a potenza in quella sottomissione del docile animale al fine di ottenerne performances di velocità sempre maggiore.
    Nella loro povertà quei fanciulletti sognavano il motorino, così come chi possiede il motorino sogna la motocicletta.
    E che c'è di più gratificante di una bella corsa in motocicletta, o in utilitaria dal motore truccato trasformata in macchina da corsa?
    Se la Formula Uno appare un modello irraggiungibile, pur sempre possibile è sognarla.
    Tra le cose che ti fanno, se non essere qualcuno, almeno sentire qualcuno c'è un buon bicchiere di vino.
    Così un tale ricordava il magico effetto di un certo vino a gradazione altissima: "Un sorso, eri re!"
    Sensazione, ovviamente, illusoria. E che non dire, a questo proposito, delle droghe?
    Ci sono quelle cosiddette "leggere" e "conoscitive", che aprono come una finestra a nuove maniere inedite di vedere le cose. Il mondo appare non più una prigione, ma una libera fantasmagoria, qualcosa che la mente può creare e foggiare a suo piacere.
    C'è qui un aspetto gratificante di scoperta che al limite si potrebbe anche definire, in certo modo, scoperta spirituale.
    Scoperta, sì, spirituale, ma certo perseguìta nella maniera più impropria. Sono scorciatoie decisamente indebite: ci illudono di poter saltare il duro impegno della ricerca spirituale vera, del lavoro spirituale, ma poi, com'è tristemente noto, ci irretiscono in una realtà ben più penosa.
    La situazione diviene sempre più intollerabile col passare dalle droghe leggere a quelle più pesanti, che in luogo di aprire le "porte della percezione" le chiudono a sette mandate, le rinserrano, sì che il soggetto declina ad una forma di sopore sempre più crasso ed ottuso.







    2. Nella società industriale dei nostri giorni
    e nel connesso fenomeno del consumismo
    imperversa una grave forma di oblio
    del profondo nostro essere di uomini


    La diffusione della droga viene promossa da gente senza scrupoli che vi realizza enormi guadagni. E ben più colossali sono gli interessi che muovono la diffusione della massima droga del nostro tempo: il consumismo.
    Lo sviluppo industriale persegue la sua massima espansione e vuole mercati sempre più vasti, con masse di consumatori sempre più passivi, cioè sempre più facili a dominare. Per meglio dominarli bisogna istupidirli, bisogna regredirli e mantenerli in una condizione di sottile ma autentica schiavitù.
    Se una moltitudine di consumatori dimostrasse maggiore indipendenza dalle suggestioni della produzione, questa dovrebbe subito adeguarsi con forti spese aggiuntive inopinate.
    Ad evitare tal genere di remissioni, vere e proprie emorragie finanziarie la cui possibilità è sempre in agguato, la produzione industriale ha tutto l'interesse a mantenere la massa dei consumatori il più possibile docili.
    Questo realizza per mezzo di un massiccio impiego di tecniche pubblicitarie, volte a persuadere la gente che i prodotti già sfornati, o almeno già programmati, sono di gran lunga quelli preferibili.
    E il consenso della gente à tanto più sicuro e fedele, quanto più i consumatori vengono vincolati a forme di reazione tipicamente infantili.
    E' da notare che la pubblicità si rivolge ai consumatori col medesimo tono con cui si parla ai bambini. Precisiamo: a bambini che si cerchi non di educare, non di sollecitare a crescere, bensì di mantenere indefinitamente allo stato infantile. Un vero educatore, che si compiace di trattare anche i più piccoli da ometti e da donnine, si vergognerebbe di parlare ai bambini in quella maniera così degradante.
    Così la gente è bombardata dalla pubblicità senza posa. Si vorrebbe farlo anche nel sonno, e prima o poi si troverà la maniera. Non c'è più un momento di vacanza o di riposo in cui l'uomo sia lasciato a se stesso e ai suoi autonomi pensieri.
    Uomo, tu non sei un uomo che si rispetta, sei solo un sotto-uomo, un disgraziato, un miserabile se non guadagni tanto che tu possa acquistare A, B e C.
    Sono beni proposti come preferibili, perché più durevoli di altri. E, malgrado ciò, tu sei in obbligo di acquistarne edizioni e modelli sempre nuovi, di continuo.
    E' passato un anno e già non ti sei comprato la nuova macchina, la terza lavatrice, il quarto motoscafo, al limite il quinto elicottero (poiché verrà anche quello): non ti vergogni?
    Sono status symbols, sono simboli del successo che hai ottenuto nella vita, e senza di quelli non sei nessuno, sei una sorta di fallito, come il povero Alì.
    Poiché, uomo, tu sei quel che hai.
    Il fatto è che quel che hai è talmente effimero, si consuma così presto...
    Devi sempre avere qualcosa di nuovo. Ora le novità costano: ci vogliono molti soldi. Bisogna che corri a guadagnarteli. Ecco, allora, che la vita è una continua affannosa corsa al guadagno. Correre e correre a far soldi, sempre più soldi.
    Così l'uomo è sempre più alienato da se stesso, dal suo vero essere.
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    http://www.convivium-roma.it/italiano/bibl...meditazione.pdf

    Edited by frenkevita - 22/3/2013, 09:00
     
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0 replies since 3/12/2005, 10:36   497 views
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