Fuoco di Sagittario

Pietro Cimatti

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  1. isaefrenk
     
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    Pietro Cimatti è stato uno dei maggiori poeti italiani del secondo '900. Ateo, anarchico-libertario, ribelle e poi, durante gli ultimi anni della sua vita, colpito da una delicata spiritualità che però niente aveva a che fare con la religione.

    In buona parte il popolo italiano, da secoli, e fino al secondo dopoguerra, era stato costretto, anche in Romagna, alla più scarna miseria. Pietro Cimatti proveniva da questa esperienza sociale e popolare.

    Con sangue romagnolo nelle vene (per parte paterna) e romano (per parte materna) il carattere dell'uomo e dell'artista non poteva essere diverso.

    Tutta la sua esistenza resterà segnata da questa secolare condizione, come ammette lui stesso in una "noterella autobiografica" scritta di suo pugno:


    "sono nato a Forlì il 29 dicembre 1929: con neve e Depressione... i vent' anni, la disoccupazione più indecorosa. Mi vidi fare il guardamacchine, il bagnino di spiaggia, il nottivago raccattamozzoni, il piccolo contrabbandiere di sigarette, l'aiuto cassiere, l'aiuto regista, il ripetitore letterario per i figli scemi della piccola borghesia in ascesa, e in agguato, l'usciere-telefonista, lo schedatore librario a bassissimo costo per le pubblicazioni della DC... nella mia vita brada, ladruncola quando occorreva al poeta...".
    Cimatti è un uomo che ha amato intensamente la vita. Oltre alla biografia basta leggerne gli scritti e soprattutto le sue poesie: dense, ironiche, ora malinconiche, ora violente come la forza di un uragano, fino a raggiungere la durezza di una punta di diamante. Nei suoi versi non c'è mai il senso della nostalgia o dell'intimismo, dell'abbandono o dello scontato. C'è la forza e la bellezza della parola, della forma (nuova, moderna e classica allo stesso tempo), ma soprattutto contiene valori e sentimenti dell'uomo curioso e rigoroso con lo sguardo rivolto al futuro.

    Tutto ciò condotto sempre con coerenza, senza smentita, fino alla tragedia della sua prematura scomparsa.Nel panorama letterario del secondo '900 possiamo collocare la poesia in termini di: impegno, lirismo, sperimentalismo e soprattutto di effimera omologazione.

    I segnali più alti di novità e distacco dal primo '900 provengono, senza paura di smentita, dalle esperienze poetiche di Cesare Pavese, Vittorio Sereni, Giorgio Caproni, Attilio Bertolucci, Pier Paolo Pasolini, Marino Piazzolla, Franco Ferrara, Edoardo Cacciatore, Andrea Zanzotto, Elio Pagliarani e pochi altri. Pietro Cimatti poeta è un caso a sé, anche se può stare benissimo in compagnia di quelli ora nominati. "Cimatti è un anarchico - così lo definiva Giancarlo Vigorelli, (dall'introduzione a Segno di Vita, Rusconi 1976) - scrivevo nel gennaio '68, quando il maggio francese non era ancora suonato e gli anarchici non erano di moda, perciò stenta ad avere nome e fortuna. Lasciato solo, sbaglia: perché da vero anarchico, ha bisogno di solidarietà. Disperato, scongiura la tragedia propria e comune con un'ebbrezza di poesia dirompente, pronto ad essere indifferentemente salvo o perduto. Si è fatto su tanta poesia maledetta, ma giocando ogni volta con la pallottola in canna più contro se stesso che contro gli altri. Può parere un poeta ipertrofico: ma finalmente, dopo troppi ragionieri, ben venga questo poeta dalle mani bucate, bello e brutto, rozzo e fine, falso e vero, ma rapsodo genuino ed estroso..." - e poi nel 1976, sempre Vigorelli

    - "Oggi, Cimatti un certo nome se l'è fatto; a fatica, sputando sangue, quando invece tanti altri, con minore ingegno ma con maggiore gregarietà carrieristica, di sangue ne hanno versato poco e anzi se lo sono fatto donare... I poeti inclassificabili non hanno vita facile, quasi non hanno vita e certa critica anzi congiura a sopprimergliela. E raro che venga accreditato un poeta irregolare. Ai poeti tutti chiedono subito le generalità:

    bisogna dichiarare di chi si è figlio; e in qual ismo si è nati, per poter avere una stanza in Parnaso.. Negli strati della poesia di Pietro Cimatti c'è stregoneria, e buffoneria macabra; prima di Jarry, è più giusto nominare Villon e il suo ballo perpetuo di impiccati; e poi, alle spalle, c'è un incrocio, inconscio magari, di antica poesia italiana da Cecco Angiolieri a Giordano Bruno...".

    Dunque, un uomo, un poeta, un lottatore innamorato della vita, un personaggio emblematico, più unico che raro, e una tragica fine. Allora non poteva mancare che una provetta scrittrice di teatro, che per anni lo aveva conosciuto e studiato, prendesse a modello la sua figura complessa di uomo e di artista per 'inventare', dal vero, un dramma teatrale e fotografarne umori, pensieri, azioni, in un contesto amicale, familiare, esistenziale e sociale di grande tensione civile e morale e farne uno spaccato chiaro e profondo della storia culturale e intellettuale degli ultimi decenni del '900.

    Stefania Porrino (autrice di questo dramma), romana, ha al suo attivo varie opere teatrali già rappresentate in diversi teatri romani. E scrittrice prolifica e raffinata per il tipo di scrittura scorrevole e coinvolgente che usa. Fuoco di Sagittario, dramma in due atti, in omaggio alla memoria di Pietro Cimatti, come dicevo, e scritto sei mesi dopo la sua morte (1991), dimostra quanto la sensibilità e la capacità interpretativa di questa scrittrice, senza sbavature, sappia ben cogliere gli umori e il modo gestuale di essere di un personaggio complesso e semplice allo stesso tempo, come lo sono solo gli animali di razza del tipo appunto di un poeta come Pietro Cimatti.



    Davide Argnani

    Direttore Responsabile della rivista "L'Ortica"

    http://www.fondazionemarinopiazzolla.it/s/...oDiSagitt01.htm
     
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