Mal di testa, le ultime scoperte

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    UNIVERSO

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    Ora si sa che cosa avviene nel cervello durante un attacco. E quali sono i meccanismi biochimici coinvolti. Questo permette diagnosi personalizzate. E terapie sempre più efficaci. L'importante è non curarsi da soli.
    Quelli che soffrono di mal di testa cronico sono una categoria a parte. E lo sanno. Intanto, si riconoscono a vista: la faccia tirata, gli occhi rimpiccioliti e un po' arrossati, il gesto della mano che continua a sfregare la tempia sono inconfondibili. Poi, hanno tutti le stesse abitudini. Non escono di casa senza prima controllare di avere con sé almeno un paio di analgesici.
    Se, per caso, si ritrovano sprovvisti, sanno già a chi domandarli (quel collega che ne soffre anche lui e ha sempre una confezione pronta).
    Se partono in vacanza, si accertano di averne una scorta più che sufficiente (ma non la mettono in valigia, non si sa mai che il bagaglio venga smarrito). E, la domenica e di notte, conoscono alla perfezione tutte le farmacie che fanno il turno, in caso di emergenza.
    Del resto sono abituati ormai da anni a quel compagno di vita indesiderato: l'attacco di emicrania che si ripresenta, con implacabile regolarità, due-tre volte la settimana. Né appare consolatorio sapere che questo disturbo è un'antica conoscenza dell'umanità, tanto che un papiro egizio di 5 mila anni fa già indicava per curarlo un rimedio estremo come il trapanamento del cranio.
    A soffrire di mal di testa cronico in Italia sono in tanti: quasi 2 milioni e mezzo di persone, soprattutto donne. La maggior parte rassegnate e spesso malcurate. Perché è una malattia sfuggente e difficile da guarire. Dicono le cifre che oltre l'80 per cento di chi ne è colpito ha una forma cosiddetta primaria, senza cioè una causa stabilita e diagnosticabile, al contrario delle forme secondarie, provocate da un'altra patologia. E senza una diagnosi precisa, trovare una terapia efficace è un po' un'impresa.
    Insomma, una malattia «rompicapo» anche per gli scienziati. Oggi però le cose stanno cambiando. Grazie a una serie di scoperte, rese possibili dalle recenti tecniche di visualizzazione del cervello, e a nuove ipotesi, i neurologi iniziano a fare luce sui meccanismi biochimici e molecolari all'origine di questo disturbo. «Innanzitutto, è bene fare chiarezza sui termini. Il mal di testa cronico quotidiano è quello che dura più di 15 giorni al mese, per più di quattro ore al giorno.
    E quindi ha un pesante impatto sulla qualità della vita» precisa Aldo Quattrone, direttore della clinica neurologica dell'università di Catanzaro e dell'Istituto di scienze neurologiche del Cnr di Cosenza.
    E continua: «In questo mal di testa rientrano soprattutto due forme: l'emicrania 'trasformata', chiamata così perché ha perso le sue caratteristiche di emicrania occasionale diventando persistente; e la cefalea tensiva cronica, che una volta veniva definita anche muscolo-tensiva, i cui fattori scatenanti sono in genere stress o contrattura muscolare».
    Un tempo si riteneva che alla base degli attacchi di emicrania o cefalea tensiva ci fosse quasi sempre la dilatazione dei vasi sanguigni cerebrali. Ora si sa che questo meccanismo è più la conseguenza che non la causa delle crisi.
    All'ultimo convegno sul mal di testa, tenutosi a Londra qualche settimana fa con oltre 600 scienziati di 62 paesi (e al quale il settimanale Time ha dedicato la copertina), le novità sono state diverse. Gli esperti sono sempre più d'accordo nel considerarlo un vero e proprio disturbo neurologico con un'origine complessa, alla cui base sono squilibri e malfunzionamento di circuiti e strutture cerebrali.
    «Una delle ipotesi avanzate è che esista, nel cervello, un centro generatore del mal di testa» spiega Emilio Sternieri del Centro per lo studio delle cefalee all'università di Modena. «Un punto la cui eccitabilità produce episodi di emicrania, una sorta di buco nero da cui emerge una scarica elettrica che poi determina l'attacco.
    È sicuramente una zona che dobbiamo esplorare». In questo motore dell'emicrania avrebbe un ruolo di primo piano il nervo trigemino, una specie di network di fibre nervose che portano al cervello i segnali provenienti da volto, mandibole, fronte. Durante un attacco, il trigemino inonda il cervello di segnali di dolore. E ciò avviene in tutti i tipi di mal di testa cronici primari, che siano emicrania o cefalee tensive. Ma che cosa mette in moto, esattamente, il centro generatore del mal di testa? E perché succede a certe persone e non ad altre? «Chi ha episodi persistenti soffre di uno squilibrio fra due tipi di strutture cerebrali» risponde Virgilio Gallai, direttore del dipartimento di neuroscienze all'università di Perugia. «Quelle adibite a sentire il dolore e quelle predisposte a non farcelo sentire.
    Sono due circuiti che hanno alla base numerose sostanze chimiche: endorfine, magnesio, prostaglandine, neuropeptidi e altre. Che cosa ci sia all'origine dello squilibrio non è del tutto chiaro, c'entrano fattori genetici, ambientali, alimentari. Ma è questo il terreno biologico su cui si può intervenire».
    Come riferisce Time, una delle novità presentate al convegno londinese riguarda proprio alcuni esperimenti in cui, bloccando il neuropeptide Cgrp, si sono ridotte le crisi di mal di testa. «Quando c'è un attacco, i livelli di queste sostanze nel cervello si alterano» continua Gallai.
    «Sapendo ciò, a un paziente che si presenta a un centro specializzato si praticano specifici test: agli esami per stabilire soglia del dolore, eccitabilità muscolare, vasomobilità cerebrale, se ne aggiungono altri che vanno a vedere, nella saliva o nel sangue, qual è il terreno biologico di quella persona». Obiettivo finale: accertare il tipo esatto di mal di testa e mettere a punto una diagnosi personalizzata. Perché emicrania e cefalee sono come un'impronta digitale, diversa in ogni individuo.
    «Abbiamo scoperto, per esempio, che una certa percentuale di soggetti con cefalea cronica quotidiana, uno su 20, ha in realtà una trombosi delle vene cerebrali» afferma Quattrone. «Questa, ostacolando il deflusso di sangue dal cervello, causa un aumento della pressione intracranica, che è la vera causa delle crisi. A soffrirne sono quasi tutte donne sovrappeso.
    In tal caso gli analgesici non solo non servono ma, facendo aumentare un po' il peso, peggiorano la situazione».
    Il consiglio dell'esperto a chi è afflitto da cefalea cronica quotidiana è di fare una risonanza magnetica tradizionale al cervello, seguita eventualmente dalla risonanza magnetica venosa in grado di svelare la trombosi.
    Se, inoltre, l'emicrania primaria cala con l'avanzare dell'età, è anche vero che aumentano con gli anni le cefalee secondarie, legate ad altri disturbi: nevralgie trigeminali, cervico-artrosi, infiammazioni dell'arteria temporale, quella vena sulla tempia a volte visibilmente ingrossata o arrossata. «Se avete più di 45 anni, non avete mai avuto prima episodi di cefalea e a un certo punto ne siete colpiti in modo persistente, conviene prestarvi la giusta attenzione» avverte Giorgio Zanchin, esperto di cefalee alla Clinica neurologica I di Padova. «Stesso consiglio se il mal di testa, di cui magari già si soffriva, cambia però aspetto oppure aumenta improvvisamente».
    Una volta stabilito di quale mal di testa si soffre, si può pensare a una cura. In genere si abbandonano i comuni analgesici e i farmaci da banco (sono anche quelli che danno maggiore assuefazione) per puntare su medicinali più specifici, come gli anticefalalgici.
    Per gli attacchi acuti di mal di testa la rivoluzione degli ultimi dieci anni sono stati i triptani. Oggi ne esistono diversi (il più recente è l'almotriptan), tutti più o meno equivalenti come efficacia e durata d'azione. «Non c'è una molecola migliore in assoluto» sottolinea Zanchin «ma quella più indicata per quel tipo di paziente».
    Per prevenire gli episodi di emicrania, rendendoli meno frequenti nel tempo, si utilizzano invece altre sostanze: per esempio beta-bloccanti, antidepressivi, calcio-antagonisti. Negli ultimi tempi si è rivelato efficace, come profilassi, un antiepilettico (l'acido valproico), approvato dalla Food and drug administration americana e che ora si comincia a usare anche in Europa. Viene ovviamente somministrato solo dagli specialisti nei casi in cui un paziente ha attacchi di forte intensità, così frequenti e invalidanti da costringerlo a disdire continuamente gli impegni presi.
    Il vero problema di chi soffre di mal di testa cronico, avvertono concordi gli specialisti, è però il fai-da-te. Ci si imbottisce per anni di farmaci da banco, magari consigliati dall'amico o letti su una pubblicità, senza grandi risultati. Però si continua così, un po' per pigrizia, un po' perché si sottovaluta il problema.
    Errore: il mal di testa non trattato o curato male è destinato a peggiorare sempre di più. «Se non viene affrontato nel modo giusto prima di cinque anni da quando insorge, è come se il cervello memorizzasse il dolore» spiega Gallai.
    «Una sorta di imprinting, ricreato dal cervello come un fatto automatico». Se poi il medicinale non è quello giusto, si finisce per abusarne. E a quel punto il mal di testa è mantenuto dalla stessa terapia. «Proprio l'abuso di analgesici è spesso la causa per cui, alla fine, un'emicrania occasionale si trasforma in cronica» commenta Quattrone.
    Anche se non tutti lo sanno, il mal di testa cronicizzato a lungo andare può provocare danni alla memoria. «Succede spesso, nel 30-40 per cento dei casi» racconta Sternieri. «Il guaio è che ai centri specializzati arrivano tante persone con cefalee già cronicizzate da troppo tempo.
    Tra i miei pazienti ricordo una signora che tutte le settimane giocava a bridge con le amiche, e soffriva di cefalee continue. Dopo anni si è decisa a curarsi in modo mirato, gli attacchi sono diminuiti e la memoria è tornata, perché si tratta comunque di danni reversibili. Le amiche alla fine le hanno confessato: 'Ti facevamo partecipare proprio perché eri tu. Ma eri un vero disastro perché le carte non te le ricordavi mai'».
    http://archivio.panorama.it/Mal-di-testa-le-ultime-scoperte
     
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